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La Botanica di Leonardo a Firenze

Durante l’estate sono apparse strane strutture nelle piazze fiorentine: un dodecaedro in piazza della Signoria contenente un albero di gelso, un esaedro (o cubo) piazza Bambini di Beslan, un tetraedro in piazza Stazione e un icosaedro in piazza Santa Maria Novella.

Sono parte della mostra che è stata aperta ieri al pubblico, La Botanica di Leonardo, allestita nel complesso di Santa Maria Novella, dove Leonardo visse nel periodo in cui lavorava al cartone per la Battaglia di Anghiari.

La mostra, curata dal neurobiologo fiorentino Stefano Mancuso, dal fisico e teorico dei sistemi Fritjof Capra, e dal fondatore della società farmaceutica Aboca, Valentino Mercati; è interamente dedicata agli studi di Leonardo sulla botanica. Studi all’avanguardia che hanno grande rilevanza ancora oggi.

Nonostante Leonardo sia considerato uno degli intellettuali più famosi della storia, di fatto non si sa molto sulla sua scienza.

Ecco quindi, che questa mostra vuole concentrarsi sulla scienza di Leonardo, in particolare sugli innumerevoli studi condotti dal maestro sulla botanica. I suoi scritti fanno emergere un Leonardo pensatore sistemico, capace di pensare in termini di connessioni, relazioni e contesto.

Scopriamo uno scienziato con un animo ecologista e un rispetto enorme per la natura, che ci dà occasione di riflettere sull’evoluzione scientifica e la sostenibilità ambientale, un argomento che non è mai stato tanto rilevante quanto in questo momento.

Attraverso i fogli di studi sulle forme e strutture del mondo vegetale provenienti dal codice Atlantico della biblioteca ambrosiana, capiamo come Leonardo per primo scoprì la fillotassi, cioè il modo in cui si dispongono le foglie su un ramo; osservò come le piante si muovono e intuì già nel Cinquecento quanto luce e gravità siano due fattori importantissimi per lo sviluppo dei vegetali.

Ad accompagnare i fogli del Codice Atlantico in mostra, sono presenti anche vari esemplari di piante, installazioni interattive, video e gli scenografici poliedri che abbiamo ammirato nelle piazze fiorentine.

Infatti, studi matematici e geometrici relativi ai poliedri, si trovano in numerosi manoscritti di Leonardo. Il maestro pone soprattutto l’attenzione particolare sui loro processi costruttivi e sulle loro implicazioni filosofiche e cosmologiche: in antichità si pensava che ogni elemento fosse costituito da infinite particelle con una specifica struttura geometrica, corrispondente a cinque solidi regolari di base.

Questi solidi furono disegnati nei particolari e con perfetta prospettiva da Leonardo da Vinci, nel trattato “De Divina Proportione” di Luca Pacioli.

La terra, immobile e ben stabile, era associata al cubo, o esaedro, il più stabile dei solidi.

Il fuoco veniva invece collegato al tetraedro, la cui forma piramidale richiama le fiamme che salgono verso l’alto.

All’aria era associa l’ottaedro, la cui forma si espande verso l’alto e verso il basso, come fa l’aria.

L’acqua era legata invece all’icosaedro, un solido composto da 20 facce triangolari che gli permettono di rotolare e muoversi con agilità, proprio come l’acqua.

Infine, al dodecaedro viene associata la quintessenza, che per gli antichi Greci e per i neoplatonici rinascimentali rappresentava l’intero l’universo: “rimanendo ancora una forma di composizione, che è la quinta, di quella si fu giovato Dio per lo disegno dell’universo.”

Una delle piante più amate da Leonardo, il gelso, viene associato ad il dodecaedro e posto al suo interno, per rappresentare il mistero della connessione fra tutte le cose. Fu questo mistero che affascinò Leonardo per tutta la vita ed ispirò i suoi studi, giunti fino ai giorni nostri.

Una mostra inusuale, che per una volta non si concentra solo su Leonardo da Vinci come maestro pittore, ma su Leonardo come grande uomo di scienza.

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