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Torture fiorentine

Il Bargello, oggi museo che ospita una delle più importanti raccolte di sculture Rinascimentali al mondo, nonché una vasta raccolta dedicata alle arti applicate, venne originariamente costruito come residenza del Potestà nel XIII secolo. In seguito ospitò gli Otto di Guardia e di Balia e successivamente il Consiglio di Giustizia o Ruota. Fu di fatto per oltre un secolo sede del tribunale penale fiorentino. 

Fu solo nel 1574 che divenne sede del Capitano di Giustizia, colui che veniva chiamato appunto "bargello".

All'interno dell'edificio avvenivano gli interrogatori, le torture e le esecuzioni ed era perciò provvisto di celle per i condannati e gli indagati.

Nel cortile era allestito il Palco dei Supplizi, dove avvenivano le esecuzioni. I corpi venivano esposti alle finestre a testa in giù, in un macabro monito rivolto alla popolazione.

Sebbene la Toscana sia stato il primo stato ad abolire la pena di morte per volere del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, nel 1782; Firenze non fu immune alla pratica della tortura, strumento con cui per secoli le autorità hanno cercato di estorcere la "verità" dai criminali.

Un metodo disumano che il più delle volte strappava false confessioni agli agonizzanti condannati. Ironicamente, non erano accettate le confessioni o ammissioni di colpa sotto tortura.

Infatti quando la persona sottoposta a tortura dichiarava di voler parlare, si sospendeva il supplizio e la si lasciava parlare senza coercizioni. Chiaramente se ciò che il condannato aveva da dire non era di gradimento per il torturatore il supplizio riprendeva.

 

A Firenze la tortura più praticata fu sicuramente quella della “fune”, che prevedeva che si legassero le mani dietro la schiena dell'inquisito e che, mediante carrucole lo si sollevasse poi da terra. Intuibile cosa poteva succedere a quel punto alle ossa e i muscoli degli arti dello sciagurato.

Questo supplizio poteva durare anche ore, durante le quali si aggiungevano via via dei pesi ai piedi dell’inquisito.

Un’altra tortura che si accaniva sugli arti era la “ligatura”, che consisteva nel legare i polsi stringendo sempre di più la corda fino a slogare o rompere il braccio del malcapitato.

Molto utilizzata era anche la tortura dei “tassilli”, durante la quale all’indagato venivano conficcate sotto le unghie schegge di legno imbevute di pece per poi dar loro fuoco.

Infine la “veglia” era una delle più terribili. Questa tortura consisteva nel calare il malcapitato su una sorta di piramide di legno appuntita, costringendolo a sedervisi e finendo perciò impalato.

 

Sembrano uscite dal peggiore dei film dell’orrore, ma questo tipo di torture esistevano davvero, insieme a molte altre. Pratiche terribili che al cui solo pensiero viene la pelle d’oca. In confronto le storie di fantasmi e mostri che si raccontano ad Halloween sembrano proprio favole per bambini…

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