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Oltre il Rinascimento a Firenze – Il Nuovo Palazzo di Giustizia. Il progetto

Nel 1988 Leonardo Ricci presenta da solo il progetto preliminare, ma molte idee, elaborate con Michelucci e contenute nei bellissimi schizzi conservati nella Fondazione Michelucci di Fiesole, vengono mantenute:
- la piazza circolare davanti all’entrata, fornita anche di una “reflecting pool”, un grande specchio d’acqua per moltiplicare la facciata.
Michelucci la vedeva come una cavea di teatro sullo spettacolo del palazzo. Nei primi schizzi la piazza aveva due grandi bracci che abbracciavano il cittadino-utente, giudicante o giudicato, che doveva avvicinarsi fiducioso
- la struttura in due corpi allungati, con ballatoi ai piani superiori aggettanti sull’interno, con al centro un grande spazio di incontro ("la basilica"), coperto ma aperto su tutti i lati senza barriere, fruibile dai normali cittadini anche quando gli uffici sono chiusi
- la strutturazione in tanti edifici separati, con funzioni distinte e identificate, un “pezzo di città”, un villaggio della giustizia, non un solo palazzo
- l’utilizzo del marmo bianco e verde di tradizione fiorentina insieme al cemento, al ferro e al vetro, come simboli di continuità monumentale, così come i rivestimenti esterni rosso-marrone che ricordano i mattoni delle basiliche
- l’idea di base della “cattedrale”, il tempio della giustizia, in parallelo con il Duomo e la sua cupola, tempio sacro ma con funzioni civili e identitarie
- l’immagine della “tenda”, simbolo di rifugio, la vetrata obliqua addossata a corpi sporgenti sul lato nord, ripresa dalla Chiesa dell’Autostrada di Michelucci e sviluppata anche nel Palazzo di Giustizia di Savona.

Michelucci e Ricci consideravano l’impianto teorico come base su cui poi costruire il progetto, ma alcuni piani concettuali rimangono comunque problematici e le soluzioni discutibili. Comunque, grandi argomenti su cui meditare e discutere. In particolare, l’inserimento nel contesto urbano, il rapporto con l’identità cittadina e l’immagine della giustizia come struttura civile e accogliente, senza minacce e ambiguità.

Per quanto riguarda il rapporto con il contesto, il progetto non doveva prendere in considerazione problemi di inserimento paesaggistico. Infatti tutta la zona era stata teatro di un’urbanizzazione selvaggia negli anni ’50 e ’60. Tutta la massa edilizia circostante è caratterizzata da una generale modestia estetica e un confuso assortimento stilistico. A sud-ovest grandi quartieri dormitorio che avevano fuso Firenze con le frazioni e i comuni vicini in una conurbazione continua, a nord un sistema di case popolari e la grande zona industriale della Nuova Pignone, a ovest l’aeroporto di Firenze e l’imbocco delle autostrade, a sud il torrente Terzolle e il margine della città degli anni 30’, in gran parte ricostruita dopo la guerra. Non c’era quindi nessuna continuità architettonica da rispettare, né un contesto sociale o storico particolare di cui tenere conto, né un genius loci da studiare. Il palazzo si presenta quindi come una cattedrale nel deserto, in un piano urbanistico stilisticamente disgregato e con collegamenti problematici. Per fortuna la realizzazione del Parco di San Donato a sud-est e il grande viale di scorrimento a nord isolano la struttura e la decontestualizzano.

Un altro punto teorico: il rapporto con il centro storico rinascimentale, identità fondativa della città. A parte un lontano e schematico rimando ai complessi monumentali, un certo cromatismo di pareti e vetrate, il posizionamento della struttura in asse con il centro della città (la Cupola del Brunelleschi), il giudizio rimane sospeso.

In realtà non era un tema facile da trattare e, comunque, qualsiasi tentativo sarebbe stato in seguito compromesso dalla rivoluzione provocata dal turismo di massa che ha stravolto negli ultimi decenni il centro e cacciato in periferie anonime quasi tutte le funzioni civili e gran parte degli abitanti, superando i peggiori incubi degli architetti.

È difficile pronunciarsi anche riguardo all’idea che il progetto rifletta l’immagine di una giustizia al servizio del cittadino, accogliente, non un labirinto kafkiano di burocrazia senza volto, alienato, sostanzialmente pericoloso e da cui è meglio stare lontani, come vengono percepite generalmente le strutture giudiziarie.  Foto in alto: particolare sud-ovest della facciata.


Dettaglio visto da nord-est

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