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Il Novecento di Oscar Ghiglia a Palazzo Medici Riccardi

“La pittura è fondata unicamente sulla legge del saper trovare il tono giusto di un colore e costringerlo nel suo giusto posto.” – Oscar Ghiglia

 

La nuova mostra a Palazzo Medici Riccardi vede protagonista un amatissimo artista del Novecento: Oscar Ghiglia (1876-1945).

"Oscar Ghiglia, Gli anni di Novecento", propone 60 opere dell’artista livornese, in un percorso che ci mostra come Ghiglia si sia sempre posto a cavallo tra l'antico e il moderno, trovando soluzioni originali che trovavano consenso della critica e dei suoi colleghi.
Ghiglia era un artista estremamente capace, un maestro del colore e della luce, formatosi a Firenze guardando con particolare ammirazione al grande Giovanni Fattori. L’amore per la pittura di macchia appare chiara osservando le sue opere. Ghiglia guarda al passato ma lo rielabora attraverso uno stile del tutto personale che prende ispirazione in primis dai pittori Macchiaioli, ma anche dai Nabis e da Cezanne.

 

La prima sala ci propone il suo Autoritratto (1920), ritratti e nature morte, opere di un artista ancora giovane, aderente a quel movimento artistico chiamato Novecento che mirava ad un “ritorno all’ordine”. Nonostante ciò, troviamo già la qualità altissima e l’originalità che caratterizza tutta l’opera dell’artista livornese.

 

Si prosegue poi in seconda sala dove lo sguardo è rivolto al passato, alla classicità, di cui Ghiglia fa una perfetta sintesi moderna.
In terza sala il focus è invece sulla femminilità, con lo splendido nudo intitolato La modella (1928-29). Rendono ancora più speciale la mostra due opere di Amedeo Modigliani, buon amico di Oscar Ghiglia e suo grande ammiratore, che trovano posto in questa sala.



A sinistra, Donna che si pettina (1909). A destra, La sedia rossa (1913).

 

Nelle ultime due sale le opere sono pervase da una speciale luminosità, sembrano vibrare sotto il sole, splendenti di luce propria. Immagini colorate, sospese nel tempo, evocatrici di quel “realismo magico” affermatosi in arte negli anni 20 del Novecento.

Caratteristiche dell’opera di Ghiglia e in particolare delle sue nature morte, sono le superfici piene di riflessi, gli oggetti nitidi e accuratamente descritti, impastati di colori vibranti.

Difficile non farsi ipnotizzare da queste immagini intense. L’occhio viene attratto e catturato inevitabilmente all’interno del quadro in un momento di assoluto silenzio e poesia.



A sinistra, La cinese/Accordi di colore (1926). A destra, Vecchio poncho (1924)

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