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La Chimera di Arezzo, capolavoro etrusco

La Chimera di Arezzo, fu rinvenuta il 15 novembre 1553 durante i lavori di scavo per la realizzazione delle mura di fortificazione medicee, vicino Porta san Lorentino.

Cosimo I de’ Medici, grande collezionista e amante dell'arte, si innamorò a tal punto di quest’opera che volle occuparsi personalmente del suo restauro, la portò a Firenze e si premurò della sua ripulitura usando strumenti da orafo.

 

Cosimo I, che si fregiava del titolo di Granduca d’Etruria, la espose nella sala Leone X a Palazzo Vecchio, come simbolo della vittoria dei Medici sulle fazioni nemiche. Fu spostata agli Uffizi nel 1718 per volere di Cosimo III e trovò poi la sua sede definitiva nel 1870 quando fu costruito il Regio Museo Archeologico di Firenze.

 

La statua in bronzo di origine etrusca (V-IV secolo a.C.) ritrae il mostro a tre teste generato da Echidna e Tifone, che avevano generato portato nel mondo anche la Sfinge, l’Idra e Cerbero.

Secondo il mito greco, questo mostro sputafuoco col corpo di leone, la coda di serpente e una testa di capra che spunta sulla schiena, fu affrontato e sconfitto da Bellerofonte a cavallo di Pegaso.

La bestia, colpita a morte, viene rappresentata mentre arretra, con il corpo in tensione e con uno stile tipicamente etrusco che fonde elementi greci arcaici e caratteri naturalistici: il modellato del corpo e della criniera è sintetico, mentre alcuni aspetti appaiono più realistici come le vene sul corpo e la posa aggressiva.
Questo capolavoro, attribuito ad artigiani che operavano nella zona di Arezzo, faceva parte di un’offerta al dio etrusco Tinia (corrispondente al greco Zeus), come dimostra l’iscrizione sulla zampa anteriore destra: “TINSCVIL”, cioè “donata al dio Tin”.

Al momento del ritrovamento, il bronzo era privo delle zampe di sinistra, ricomposte utilizzando colate di piombo, e della coda che fu ritrovata insieme alla statua ma non fu mai riattaccata. Venne invece sostituita da una nuova coda per mano di Francesco Carradori, nel 1785. La coda di serpente, presente ancora oggi, morde un corno della testa di capra, ma in tutta probabilità nella versione il serpente era rivolto in avanti verso l’aggressore.

 

La Chimera di Arezzo, è oggi il fiore all’occhiello del Museo Archeologico di Firenze, che merita assolutamente una visita, anche fosse solo per andarla a vedere!

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