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Anish Kapoor. Untrue Unreal a Palazzo Strozzi

Anish Kapoor,  rinomato artista britannico di origine indiana, ha sempre avuto uno stretto rapporto con l’Italia. Ha esposto opere in diversi musei italiani, come il MAXXI di Roma e la Fondazione Prada a Milano, ha scelto Venezia per aprire la sua omonima Fondazione all'interno di Palazzo Manfrin e ha persino progettato l'entrata della linea 7 della metropolitana di Napoli.
Ora è arrivato anche a Firenze con la grande mostra  Anish Kapoor.Untrue Unreal, aperta a Palazzo Strozzi fino al 4 febbraio.
La mostra propone un percorso che attraverso opere storiche e opere site specific, ideate specificatamente tenendo conto degli spazi del palazzo, ci fa mettere in dubbio. 

Appena entrati nel cortile ci troviamo subito di fronte alla prima opera in dialogo con l’architettura del palazzo, Void Pavillion VII (2023), che fa da subito riflettere i visitatori sull’idea di spazio e prospettiva, grazie all’esperienza immersiva in un ambiente creato appositamente per l’occasione.
Salendo al piano nobile il percorso espositivo inizia con l’iconica Svayambhu (2007), termine sanscrito che significa "auto-generato" e si riferisce appunto al fatto che l'opera qui si crea autonomamente e in tempo reale: un enorme blocco di cera rossa si muove lentamente su una guida e attraversa due sale del palazzo tramite una delle grandi porte rinascimentali, modificandosi e lasciando tracce di sé al suo passaggio.



Più avanti troviamo Endless Column (1992), che si ispira all'omonima scultura di Constantin Brancusi. La colonna di pigmento rosso di Kapoor pare arrivare dal sottosuolo e sfondare tutti i piani del palazzo allungandosi verso il cielo all'infinito. Si inizia qui a comprendere un'idea fondamentale che Kapoor vuole trasmettere con molte delle sue opere, ovvero che l'opera trascende la materia, concetto ribadito ancora più chiaramente nella sala successiva. 
Le "opere nere" della serie delle black works, fanno uso del famoso Vantablack, pigmento innovativo composto di nanotubi di carbonio, che è in grado di assorbire più del 99,9% della luce visibile. Questo nero quasi assoluto rende praticamente impossibile distinguere i contorni interni dell'oggetto dipinto e quindi la terza dimensione.
Kapoor crea delle opere che sono dei veri e propri buchi neri della percezione, che confondono e fanno girare la testa allo spettatore. Anche sapendo già che sono superfici dipinte, l'occhio dello spettatore non può fare a meno di cercare qualcosa di più all’interno di queste opere fatte di oscurità, che appaiono come portali verso un'altra dimensione, dove lo spazio è potenzialmente infinito.



Così come i suoi "buchi neri", un'opera come Vertigo (2006) attira a sé lo spettatore, lo risucchia al suo centro e scombussola la sua percezione della realtà, in questo caso letteralmente capovolgendola, allungandola, distorcendola e suscitando appunto un senso di vertigine e spaesamento.
La mostra si conclude con dei pezzi di cielo caduti sulla terra: Angel (1990) è un'opera composta di grandi pietre ricoperte di pigmento blu elettrico, che sembra voler dare una forma concreta e tangibile all'idea astratta di cielo, di paradiso, di dimensione ultraterrena.


Anish Kapoor ci invita ad esplorare il mondo oltre i confini del reale, a trascendere la materia e a mettere in discussione i nostri sensi. Lo seguiamo con curiosità in questo sorprendente viaggio.


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